Vaselina per tre

Sesso all'aperto

Era appena tornata dal Brasile. No, non sono geloso di Monica, la mia ragazza, e lei non lo è di me. La fiducia tra noi è il lasciapassare per un ‘vivi e lascia vivere’ anti-stress. Una semplice sbandata passeggera non basterebbe a rovinare il nostro rapporto. Me lo sono chiesto tante volte: “Che sensazioni proverei a vederla scopare con un altro?”.

La risposta a questa domanda, che mi stuzzicava da quasi un anno, è arrivata proprio al suo ritorno dal Brasile. E’ successo qualcosa, già…

Sono andato a prenderla all’aeroporto, siamo passati a casa mia per cambiarci e le ho proposto un banalissimo picnic deciso al volo per farmela in mezzo alla natura, dopo due mesi di assenza. Il boschetto dove l’ho portata era incantevole, la giornata era splendida e pure lei, col suo vestitino semplice e arrapante, era splendida. Monica è solare e fa venire voglia di scopare anche con la febbre a 40. I suoi occhi chiari e la sua bellezza luminosa non mi stancheranno mai. Il contrasto della sua grazia col vigore del suo corpo, forte e deciso, quando facciamo sesso, mi fa sballare e m’incatena a lei come nessun’altra ragazza è mai riuscita a fare. Mi va a sangue perché è tanto angelica quanto porca. In quel boschetto, dove io e lei ce ne stavamo mezzi nudi a fumare, il mio amico Carlo non passava di lì per caso. Sapeva perfettamente dietro quale cespuglio ci eravamo infilati. Gliel’avevo chiesto io di entrare in scena al momento buono, restando in contatto con lui tramite smartphone.

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Ho iniziato ad esplorarle la fica con le dita, a leccarla assetato del suo sapore e, con un cenno, mentre lei ad occhi chiusi miagolava e colava, facevo cenno a lui di avanzare.

Con Carlo ne abbiamo combinate di cotte e di crude e con Monica, che già smaniava per sentirlo dentro, non è servito neanche il saluto. L’aveva visto un paio di volte, l’aveva riconosciuto e intuiva cosa sarebbe successo.

La patta gonfia di Carlo, lei che apriva ogni tanto gli occhi e lo guardava strano, io che mi preparavo ad infilarla in un colpo solo. Ero duro di piacere e di ansia, confuso mentre lui si calava le brache. Mi chiedevo che cosa sarebbe successo tra loro due senza di me, mentre affondavo nel paradiso tenero e caldo della mia donna.

“Chissà che ha nella testa, Monica…”. Tra mille dubbi la sbattevo a lingua tesa e la voglia-paura di farmela in tandem con quel porco di Carlo mi lasciavano in bocca il sapore eccitante della curiosità, una gran fame di verità e l’acquolina sul cazzo. Monica urlava sempre più forte, non la incastravo da due mesi quella splendida cagna in calore e l’intruso se lo menava lentamente. Era il nostro giocattolo, mio e di Monica, mi piaceva pensarla così, ma che cazzata… nel gioco del sesso siamo tutti giocattoli.

La fissavo montandola da sopra e mi aveva capito al volo. Poteva farlo, poteva… All’ombra degli alberi, distesa sull’erba fresca, poteva passare ai fatti, prenderglielo in bocca e succhiare anche me. Si attaccava di più al mio uccello, con la bocca, e Carlo ne approfittava per aprirle bene le gambe e ficcarla di fianco o a tergo, come voleva. Mi piaceva vederla fottere da un altro, mentre lei si reggeva alla mia asta. Era forte la sua voglia di chiavare in tre.

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Senza trascurare troppo né il mio cazzo né l’altro, ci cavalcava a turno restando sempre a bocca piena. Urlava e rideva. Era un gioco innocente, per lei, e non smetteva per questo di amarmi. Neanche quando Carlo ha fatto merenda tra le sue chiappe facendole assaggiare il bastone nel didietro. Io la bucavo morbida, me la sistemavo sopra lasciandole tutta l’iniziativa e gustandomi il panorama del suo corpo statuario. E, intanto, Carlo me la strappava dal cazzo per infilarla contro natura. A forza di litigarcela, Monica s’è ritrovata schiacciata contemporaneamente da tutti e due in un doppio incastro deciso all’istante. Sincronizzati da una voglia legnosa, la turavamo a turno con due verghe instancabili. L’ho voluta inculare anch’io, da solo, e l’ho fatto da parte, Carlo. L’ho sodomizzata a lungo, prima che lui me la rubasse di nuovo. Aggrappata ad un albero succhiava, succhiava… Rintanati per un po’ nella sua bocca, il gioco è finito presto, troppo presto per i miei gusti, in una sborrata all’unisono.

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