Una donna molto insicura
Non era mai stata molto sicura di sé. Quel lavoro la mandava completamente in paranoia.
Insegnare era per lei più una sorta di vocazione che una semplice occupazione, ma gli studenti non la rispettavano. Forse perché era una donna piacente, anche se cercava di nascondere la sua bellezza in tutti i modi possibili. Si truccava pochissimo e cercava di non mettere mai in evidenza le sue forme. Vestiva sempre in maniera casta, ma quella cosa sembrava eccitare ancora di più i suoi studenti.
La settimana precedente un suo alunno le aveva toccato il culo. Lei era rimasta pietrificata. Lo stava interrogando alla cattedra e, lui senza farsene accorgere dagli altri studenti, le infilò una mano tra il sedere e la sedia.
Lucia non riuscì a trovare un modo di reagire. Non lo sgridò per non enfatizzare un fatto di quel genere, ma non riuscì nemmeno a rimanere serena, così cercò di far durare quell’interrogazione il meno possibile e rimandò il ragazzo al posto con un sette.
Fingere che nulla fosse successo le sembrò la cosa migliore da fare. La notte successiva a quel fatto non riuscì a chiudere occhio. Si domandò se quel ragazzo avesse raccontato l’accaduto ai suoi compagni o se invece se o fosse tenuto per sé.
Il pensiero di perdere il lavoro la torturava dentro i meandri della sua psiche.
Come avrebbe potuto affrontare Luca, quello era il nome dello studente in questione, il giorno successivo.
Smise di pensarci intorno alle cinque del mattino, quando prese sonno. La necessità di dormire era basilare per le persone, soprattutto in situazioni di stress come quelle.
La mattina seguente, dopo aver prese il caffè, prese una decisione: avrebbe vinto lei. In un modo o nell’altro, avrebbe risolto l’accaduto.
Aveva una sola arma a sua disposizione e quell’arma era in grado di consegnarle in mano la vittoria sul campo.
Quando gli studenti entrarono in classe rimasero scioccati. Non l’avevano mai vista in quella maniera. Indossava un maglioncino nero, attillato e con una scollatura invidiabile, da sotto la quale spuntava una camicetta bianca, anch’essa con una scollatura monto generosa. Una gonna marrone metteva in mostra le lunghe gambe che aveva sempre nascosto ai suoi alunni, facciate da un paio di calze nere.
Dopo aver fatto l’appello, si tolse gli occhiali e, guardando la classe, disse “Ragazzi, Maria vi leggerà da pagina quarantasei a pagina sessanta. Intanto io e Luca andremo in presidenza per sbrigare una faccenda.”, concluse.
Luca divenne di pietra. Era convinto di avere il coltello dalla parte del manico, invece qualcosa non stava andando per il verso giusto.
Uscirono dall’aula, lasciando la classe alla lettura del libro di storia.
Luca non disse una parola. I suoi pensieri navigano solamente in direzioni negative.
Lungo la strada per l’ufficio del preside, la professoressa si fermò davanti ad una porta verde, Luca la imitò senza proferir parola.
Si guardò intorno e dopo essersi assicurata che nessuno si trovava in zona, aprì la porta con una chiave e disse all’alunno di entrare.
Luca entrò e osservò la sua professoressa chiudere a chiave la porta.
Senza che potesse accorgersene si ritrovò la lingua di quella provate insegnante in gola.
Le mani della donna scivolarono sui suoi fianchi adolescenziali.
“Allora. Non importa a chi hai raccontato di avermi palpato. Se qualcuno ti chiederà qualcosa, tu gli dirai che il preside ti ha ammonito ma vuole tenere la cosa segreta. Se manterrai questo nostro segreto, io ti faccio il miglior pompino che ti potranno mai fare, qui. Adesso.” disse, seria come non lo era mai stata.
“Sei bellissima. Come potrei non accettare.”
“Immaginavo.”
Lo baciò ancora, lasciandosi toccare il seno, facendo in modo che il pisello dell’adolescente si rizzasse in piedi come un soldatino, per poi mettersi in ginocchio.
Glielo prese in bocca ed iniziò a ciucciarlo. Era circonciso.
Sapeva fare i pompini. Durante il liceo si era allenata molto e quel talento le fece comodo. Un adolescente non sarebbe mai durato tanto davanti alla bravura di una donna del suo calibro.
“O mamma mia… ma sei fantastica professoressa. Succhiamelo. Succhiamelo tutto.”
Padroneggiando il reflusso esofageo, ingoiò per intero il membro duro dello studente, stuzzicandolo con la lingua.
La sborra calda le invase la gola come un treno in arrivo. Non aveva mai visto nessuno sborrare in quella maniera.
Dopo averglielo ciucciato ancora un po’ gli baciò le palle, sputandogli lo sperma che stagnava ancora nella sua bocca.
Dopo essere riemersa, si vide accarezzare il volto da Luca.
“Ti chiedo scusa per averti palpeggiata.”
D’istinto, senza nemmeno pensarci, lei lo baciò, ancora sporca del suo liquido seminale.
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