Samanta e l’avvocato | pt. 2
La cena era stata fantastica. Cibi prelibati, ottimo vino e discussioni intelligenti ad accompagnare quel magico appuntamento.
Per una volta Samanta si sentiva una donna come tutte le altre e non una mercenaria del sesso.
L’avvocato era un uomo molto gentile e affascinante. Oltre ad aver mantenuto la promessa di portarla a cena, l’aveva portata nel ristorante più chic della città. Con lo sguardo aveva incrociato due suoi clienti, ma la serata era fin troppo bella per lasciarsela rovinare da quelle cose.
-Senti, ti andrebbe di venire a bere qualcosa a casa mia?- le chiese, una volta saliti in macchina.
-Certo che mi andrebbe ma non credo che berrò ancora.- rispose lei, lasciando sottintendere che sarebbe andata a casa sua per un solo motivo.
Avevano già fatto l’amore la sera precedente, ma quella era una questione di lavoro, mentre al momento si trattava della vita vera.
Era granitico. Non amava lasciar trasparire le sue emozioni, ma anche all’avvocato piaceva molto quella donna così bella ed intraprendente.
Arrivarono a casa ed iniziarono a baciarsi lentamente. Erano baci molto sensuali.
Il vestito bianco di lei cadde a terra immediatamente, senza che se ne accorgesse. Si ritrovò con il seno al vento e la sua mano che con dolcezza e maestria le sfiorava i capezzoli.
Riusciva a pigiare i tasti giusti, un po’ come se lei fosse un pianoforte e lui un abile musicista classico.
-Ah. Come mi tocchi tu… non mi ha mai toccata nessuno.
-Mi piace davvero molto.
-Mi sembra tutto così strano?-Non ci posso credere.
-A cosa non puoi credere?
-A questo. A noi due in questa stanza.
-Non parlare. Le parole volano via come le tempeste.
Si stava innamorando di lui, infrangendo la prima regola delle prostitute: mai uscire con un cliente.
Le sfilò le mutandine e scese, ricoprendola di baci, arrivando fino alla sua vagina.
La leccò con impeto e passione. Aveva un sapore molto gradevole.
-Mi piace tutto di te. Anche il sapore della tua figa.- disse, riprendendo a leccarla.
Era come se volesse portarla all’orgasmo per ripagarla di tutti quegli orgasmi che era costretta a strappare dai suoi clienti per lavoro.
La sua era una missione, più che un semplice piacere.
Solcava il clitoride con la lingua, infilandole un dito nell’ano, facendolo entrare e uscire a ripetizione.
-Mi stai facendo impazzire.- disse lei, mentre le ginocchia le iniziavano a cedere.
Non si era mai fatta leccare la figa in piedi. Quella era un’esperienza nuova e per una puttana era molto difficile provare nuove esperienze.
-Continua. Ti amo.
Le era uscito con l’impeto dell’orgasmo e non ebbe nemmeno il tempo di pentirsi realmente di quella frase, limitandosi a dire -Scusa… forse è un po’ prematuro.
Lui non rispose. La sua attenzione era focalizzata completamente su quella figa.
Quando conduceva una donna all’orgasmo, la vagina su cui operava diventava il centro del mondo intero. Non esisteva nulla di più importante della vagina di Samanta in quel momento.
Sentì la sua mano aderire sulla sua testa, spingendolo più a fondo, come se volesse farlo entrare dentro di lei.
Stava quasi per soffocare ma avrebbe resistito, quasi come un pescatore subacqueo per arrivare all’amplesso di quella stupenda statua greca che gli stava davanti.
Le cosce lo strinsero sempre più forte, schiacciandosi sulle sue tempie. Stava arrivando…
Samanta venne, gridando strizzandosi le tette, come se qualcuno li stesse riprendendo per qualche scadente sito pornografico.
Il dito nel culo si fermò, restando conficcato in lei, unendosi al suo corpo e alla sua anima in quell’orgasmo senza precedenti.
Era tutto vero e stava succedendo sosto i loro occhi. L’amore poteva vincere.
Le labbra erano cosparse del liquido dell’eccitazione di Samanta e lui poteva dirsi soddisfatto del suo lavoro.
Proprio in quel momento arrivò a Samanta un messaggio sul cellulare dedicato al lavoro.
-Cazzo… mi hai fatto venire come una iena. Scusa, devo guardare il telefono e poi lo spengo.
Samanta lesse il messaggio. Era il suo datore di lavoro e l’avvertiva che era stata prenotata per un mese intero, durante tutte le sue serate di lavoro. Il cliente era lo stesso: l’avvocato.
Rimase scioccata.
-Perchè l’hai fatto?- domandò, restando nuda in quella stanza.
-Perchè mi sono innamorato di te e non voglio che nessun altro ti tocchi.
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