Palloncini
La festa di mio figlio è finita, un vero e proprio tragico successone che non vedevo l’ora che finisse. Gli invitati, nani malefici accompagnati da madri starnazzanti, se ne sono andati dopo aver fatto un gran casino, dal quale ho cercato di farmi coinvolgere il meno possibile. Sono arrivato in fondo a questa cosa demenziale soltanto grazie ai palloncini. Nuvole tonde e colorate che mi hanno portato via dalla noia e mi hanno dato più di un brivido. Eccoli, rimbalzano ancora in giro mentre mia moglie riordina, altri sono solo brandelli scoppiati rimasti sul pavimento.
Qualche ora fa, mia moglie accostava la sua bocca all’apertura di uno di quei palloncini, era arancione mi ricordo, quell’apertura che sembra un buco di culo, e lei ci appoggiava le labbra sovrappensiero. La guardavo, guardavo il suo petto gonfiarsi per raccogliere l’aria necessaria e poi il suono: quel suono celestiale del palloncino che si gonfia, che si dilata come un seno pieno di latte, mentre la persona che lo sta gonfiando perde ossigeno per qualche secondo. Ho pensato che non fosse una bella idea spiegarle il perché della mia improvvisa erezione, la festa sarebbe iniziata fra un’ora scarsa e non mi avrebbe comunque dato retta. Lei ha annodato il palloncino e ne ha preso un altro, stavolta rosa, accostandovi le labbra con la stessa noncuranza. Mi era già capitato di eccitarmi alla vista di questi oggetti festosi, ma ero un ragazzino e col passare degli anni non ci ho più fatto caso; le poche volte che ci ho ripensato ho attribuito la cosa alla tempesta ormonale dell’adolescenza. A quel punto l’imboccatura del palloncino che stava gonfiando le è scivolata dalle labbra con un suono come di una pernacchia, ha riso, un po’ di saliva le luccicava sul mento. Il cazzo mi pulsava nei pantaloni e la situazione era così assurda che mi scappava da ridere, così mi sono messo a ridere con lei. Sono uscito dal salotto quand’ecco l’idea geniale: ho deciso di aspettare qualche minuto in cucina, mi sono versato un bicchier d’acqua, l’erezione non accennava a scendere. Non saranno passati neanche cinque minuti e sono rientrato in salotto; c’era un bel mucchio di palloncini sul divano, sopra il tappeto. Lei era di spalle, ne stava aprendo una nuova confezione. Prima di perdermi nella visione del suo culo fasciato nella gonna rosa, tanto simile al palloncino che stava gonfiando poco fa, ne ho preso uno senza farmi vedere e sono scappato in bagno. Mi mancava il respiro da quanto ero eccitato. Come un bambino che non sa cosa sta facendo, ho iniziato a strofinarmi il palloncino contro il cazzo, pensando a lei, completamente nuda, addosso solo un paio di mutandine rosa, che lo cavalcava ridendo. Mi sono tirato fuori il cazzo e ho iniziato a strusciarlo e spingerlo contro quella pelle di gomma, ripetendo ossessivamente quella scena nella mia testa. Immaginare il contrasto fra il calore della sua fica e la sensazione artificiale del palloncino mi faceva impazzire. Ho iniziato a menarmelo forte, il palloncino appoggiato sul cesso, la sua superficie rosa semitrasparente come una faccia senza tratti, cancellata dalla mia libidine. Sto per venire, mi sego sempre più velocemente su quella faccia senza tratti, morbida come un paio di collant su cosce sintetiche, una pelle perfetta piena di niente, rosa, un palloncino fra le cosce di mia moglie, rosa, come le sue mutandine calde e bagnate, spingo forte come se mi stessi scopando quell’ammasso di aria e di nulla. Esplodo. Scoppia.
Brandelli di plastica e del mio desiderio gocciolano insieme alla mia sborra sul pavimento, sulla lavatrice, sulle piastrelle delle pareti. Mi sento liberato, svuotato…sgonfiato.
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