Natalie
Natalie mi guardava con lo stesso sguardo malizioso che aveva da bambina. D’altronde, il suo viso da topolina non era cambiato molto.
Ero imbarazzato e non sapevo cosa dire. L’ultima volta che l’avevo vista, prima che partisse per la Russia, era una ragazzina. Ora in fronte a me, sorseggiando distrattamente il suo caffè, stava una giovane donna, attraente, in cui riconoscevo similarità con la madre che non avrei mai potuto notare quando era bambina.
Ci eravamo incontrati casualmente, nella nostra città natale: lei era lì per visitare i nonni e io in un raro giorno di passaggio prima di tornare all’estero. Incrociati per le vie del centro, avevamo deciso di prendere un caffè veloce per aggiornarci sulle nostre vite.
Mi aveva raccontato che dopo le scuole in Russia era tornata per fare l’università in Italia, e ora lavorava in Emilia Romagna. Io le avevo raccontato delle mie peregrinazioni all’estero e che ancora non sapevo cosa avrei fatto, finito il dottorato.
Ora però mi trovavo a corto di argomenti, e il suo sorrisino malizioso mi suggeriva che l’argomento poteva diventare imbarazzante da un momento all’altro. D’altronde, io e Natalie condividevamo un paio di segretucci molto particolari.
Le nostre vite però avevano preso direzioni completamente differenti da allora. Eravamo quasi estranei ora, e io non mi sarei mai sognato di toccare argomenti così sensibili.
Lei era di tutt’altro avviso.
-Allora, ti ricordi dei nostri incontri segreti nei bagni?
Natalie andò dritta al punto. Ridacchiai imbarazzato abbassando gli occhi. Certo che ricordavo dei nostri incontri segreti in bagno.
Era l’ultimo anno di elementari e, dopo aver passato le vacanze invernali insieme in Russia, io e Natalie avevamo scoperto che ci piaceva un sacco pomiciare.
Io ero ufficialmente insieme alla sua sorella maggiore, della mia età, con cui ci stringevamo le mani. Ma con Natalie era diverso. Natalie mi aggrediva, non appena eravamo soli: mi saltava addosso e mi baciava in bocca con infantile fervore.
Siccome ero il fidanzatino della sorella, e siccome lei era più piccola, la nostra “storia” doveva rimanere segreta. Per questo motivo ci incontravamo nei bagni deserti della palestra, durante la ricreazione lunga dopo pranzo. Pomiciavamo per lunghi minuti. Poi fuori a giocare con i rispettivi compagni, per non dare nell’occhio.
-Certo che ricordo, Natalie.
Natalie, che da bambina diceva sempre quello che voleva senza giri di parole e apparentemente non era cambiata, andò dritta al punto.
-Andiamo a pomiciare in bagno in memoria dei vecchi tempi?
Lo disse mentre stavo finendo il caffè e quasi soffocai. Quella domanda, così inaspettata e a bruciapelo, mi fece saltare il cuore a mille.
-Beh…
Ridacchiai ancora più imbarazzato
-…Perché no?
Senza accorgermene eravamo nel piccolo bagno del bar a baciarci con foga.
Questa volta non erano baci infantili. La tensione sessuale era evidente. Mentre le nostre bocche si contorcevano sinuose attorno alle lingue guizzanti, le mani si spingevano a esplorare il corpo dell’altro.
Le stavo baciando il collo con avidità quando mi sussurrò in un orecchio:
-Pensi di meritarti ancora la punizione?
La punizione…
La punizione era il nostro segreto più grande, un tabù, e nessuno sarebbe mai dovuto venirne a conoscenza.
Un giorno, alcuni miei compagni di classe, che avevano intuito parzialmente quello che accadeva tra me e Natalie, ci presero in giro accusandoci di essere innamorati. Io mi vergognai tremendamente e negai tutto, aggiungendo che mai avrei baciato Natalie perché era troppo brutta. Cominciai a prenderla in giro davanti a loro, e lei scappò in lacrime.
Dopo questo episodio, per molto tempo non eravamo più andati ai bagni, anche se ero andato a chiederle scusa il giorno stesso.
Poi un giorno mi disse che aveva pensato alla punizione giusta per poter fare pace.
Natalie si stava abbassando i pantaloni ancora prima che rispondessi, frastornato dall’eccitazione,
-Sì… penso di meritarmela di nuovo…
Mi inginocchiai, mentre lei si girava e si abbassava le mutande, mettendomi il bel sedere davanti alla faccia. Si divaricò le chiappe con le mani e disse:
-Allora baciami il culo, bambino cattivo.
Mi portò nel solito posto, in uno dei gabinetti dei bagni della palestra, completamente deserti durante i pomeriggi primaverili: i bambini erano tutti in cortile a giocare. Assicuratasi che il chiavistello della porta del cubicolo fosse serrato, mi aveva finalmente spiegato la natura della punizione. Il viso fanciullesco era solcato dal suo tipico sorriso malizioso e manipolatore. Se volevo baciarle ancora la bocca, avrei dovuto baciarle qualcos’altro prima: il buco del sedere.
Tali parole mi misero in un attonito imbarazzo. Una parte di me, quella che all’epoca era la nascente, acerba eccitazione sessuale, rimase affascinata dall’idea. Tuttavia, pensando che fosse solo una provocazione, cercai di mostrarmi scioccato e disgustato.
Natalie, però, non sembrava scherzare e sicuramente non era intenzionata a cedere facilmente. Ignorando le mie deboli lamentele, senza dire niente si era girata e si era calata i pantaloncini in tessuto elasticizzato e gli slip. Le parole mi morirono in bocca mentre la osservai, incredulo, portarsi le manine sui glutei paffutelli e allargarli un poco, in modo da mostrare l’ano.
-Scegli tu: o lo baci, o non ti bacio più.
Ero letteralmente terrorizzato e il cuore mi batteva a mille. Allo stesso tempo sapevo benissimo che la mia parte più trasgressiva voleva farlo disperatamente. Esitai, ma infine mi inginocchiai meccanicamente, e con il cuore in gola appoggiai la bocca sul pertugio.
Non ebbi il tempo di realizzare quanto stava accadendo che Natalie, evidentemente preparata, mi costrinse la faccia nel sedere con una mano e mi mollò una piccola e forzata scoreggia in bocca.
Accadde così rapidamente che non realizzai immediatamente cos’era successo. Sentii le guance gonfiarsi e la necessità di tossire ancora prima di sentirne la puzza. Mi separai a forza dalle natiche che premevano sulla mia bocca e sul mio naso, cercando di prendere aria mentre tossivo disgustato. Natalie rideva incontrollabile, quasi con crudeltà.
In quel momento capii che Natalie non era una bambina come le altre.
Per la prima volta dopo vent’anni, la mia bocca si trovava di nuovo a contatto con quel pertugio rosato. Ne avevo riconosciuto immediatamente la fisionomia, poiché l’immagine di quel buchino mi era rimasta impressa indelebilmente, rinforzata dallo shock e l’eccitazione. Ora però si trattava dell’ano maturo e intrigante di una giovane donna, contornato da un culo dalle forme perfette.
Lo leccavo meccanicamente, non sapendo se a un certo punto mi sarei dovuto aspettare un rilascio gassoso, come allora. Non sapevo se essere eccitato o disgustato all’idea. La risposta arrivò in poco tempo.
-Scusami, niente puzzette per te oggi, non me ne viene nessuna… tu però leccami in profondità tesoro…
Natalie pronunciò queste parole con fare puerile, mentre si chinava in avanti e si allargava ancor più i glutei.
Non me lo feci ripetere e cominciai a fotterle il culo con la lingua. In quella posizione entravo ed uscivo con facilità, mentre lei ansimava sotto le mie spinte delicate.
-Ah… Ah…. perché non me lo scopi, questo culo?
Era esattamente quello che stavo pensando. Il mio cazzo era duro come marmo. Mi alzai e mi slacciai i pantaloni. In un attimo il cazzo era libero ed incuneato verso la meta.
Fece un piccolo verso di desiderio quando appoggiai la cappella sullo sfintere. Il pertugio era madido della mia saliva e non necessitava ulteriori lubrificazioni. Spinsi appena, e in un sol colpo il mio pene era dentro il suo retto. Ansimammo di piacere e sorpresa allo stesso tempo, guardandoci per un momento, prima che cominciassi a fotterla animalescamente, ruggendo e ansimando. Il mio pene andava dentro e fuori come un coltello rovente nel burro.
Sentii qualcuno bussare e urlare qualcosa dall’altra parte della porta. Qualcuno ci aveva sentito e probabilmente aveva chiamato il barista. In quel momento però non poteva importarmene di meno; volevo solo fottere il culo di Natalie con tutta la forza che avevo in corpo.
Venni spasmodicamente dopo parecchie pompate, ruggendo come un leone. Natalie ansimava sfinita, io quasi non mi reggevo in piedi. Ci ricomponemmo con grande sforzo e uscimmo dal bagno.
Come preventivato, ci sbatterono fuori dal locale a spintoni e male parole. Non avevo alcuna intenzione di ribattere e fortunatamente riuscii ad evitare la rissa.
Una volta fuori ci mettemmo a ridere come coglioni. Per l’ennesima volta, mi guardò col suo viso malizioso.
-Dai, vieni. Andiamo alla mia macchina…
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