L’armadio
Eravamo giovani ed immature, ma piene di sogni ed ambizioni. La vita ci aveva solamente sfiorate, eppure ci sentivamo così forti ed indistruttibili da poter vincere ogni battaglia, a patto che restassimo unite per sempre.
È buffo ripensarci adesso, visto che non vedo Annamaria proprio da quella sera di settembre; la sera in cui tutto quanto cambiò irrimediabilmente.
All’epoca non sapevo ancora di essere lesbica e si può dire che in fin dei conti, lo capii proprio grazie alla mia migliore amica.
Era da poco finito l’ultimo anno di liceo e a breve l’università ci avrebbe divise per un lungo periodo, ma noi eravamo sicure che la nostra amicizia sarebbe durata in eterno e continuavamo a goderci la fine di quell’estate, fingendo che l’anno scolastico non dovesse mai iniziare.
Eravamo andate a quella festa perché non avevamo trovato di meglio e devo dire che a pensaci bene, non so se tornando indietro rifarei la stessa scelta.
Stavamo giocando al gioco della bottiglia ed io avevo già baciato due ragazzi e una ragazza. Annamaria aveva baciato un ragazzo.
Avevamo già giocato un sei o sette giri, quindi la regola imponeva che si passasse al quarto d’ora nell’armadio. In pratica le persone scelte dalla bottiglia, avrebbero dovuto passare un quarto d’ora di tempo all’interno di un armadio, in cui tutto sarebbe potuto succedere.
Venni scelta immediatamente. Ero un po’ eccitata all’idea di dover passare del tempo assieme ad uno sconosciuto in un armadio, con la possibilità di fare qualcosa di spinto. Ero giovane e affamata di esperienze come quelle.
Inutile dire che adesso sono molto cambiata e, pur non essendo diventata una bacchettona, non mi posso definire certamente una donna trasgressiva.
Quella macchina instancabile chiamata vita, mi ha lentamente lisciato il pelo, facendo di me un animale addomesticato.
La bottiglia si fermò proprio davanti ad Annamaria. Ci guardammo e scoppiammo a ridere come due pazze. La giovinezza faceva anche questo effetto.
-Ok… sgualdrina… facciamo vedere a quell’armadio di che cosa siamo capaci!- disse.
Entrammo dentro l’armadio e i nostri amici chiusero le ante, lasciandoci sole con noi stesse.
Avevamo passato moltissimo tempo in situazioni del genere. Molto spesso ci capitava di spogliarci nello stesso camerino di un centro commerciale ed avevamo dormito al buio, nello stesso letto un mucchio di volte. Per la prima volta in vita nostra provammo uno stranissimo imbarazzo, probabilmente dettato da ciò che gli altri si sarebbero aspettati da noi.
-Qui fuori tutti sperano in un bacio saffico… diamoglielo!- dissi.
-Ci sto… bambola.
Ci baciammo. Fu un normalissimo bacio a stampo concluso in una risatina mezza isterica.
Ci baciammo nuovamente, questa volta però inserimmo la lingua nell’equazione. Non so dire se fossi stata io a muovermi per prima o se in realtà fosse stata lei, ma qualcuno iniziò a palpeggiare l’altra e di riflesso, iniziammo a limonare infilandoci le mani dovunque.
Fu un qualcosa di rapsodico, perché la foga s’impossesso di noi e senza che io me ne accorgessi mi ritrovai con la mano di Annamaria nella figa.
Ero bagnatissima. Infilai la mia lingua sempre più infondo alla sua bocca e lei la morsicò fingendo di strapparmela.
Avrei quesi desiderato che riuscisse a portarmela via, per rimanere sempre con lei.
Aveva un modo gentile di stimolarmi il clitoride Cominciai ad ansimare e fu proprio in quel momento che Annamaria disse -Non voglio che ci sentano.-, tappandomi la bocca.
La sua mano continuava a muoversi con le dita serpentine sul mio clitoride. Dopo qualche minuto mi ritrovai con la mano della mia migliore amica completamente dentro di me. Ero felice, per la prima volta ero riuscita a sentire Annamaria veramente dentro; vicino alla mia anima.
Avevo degli shorts grigi che s’inzupparono come se mi fossi pisciata addosso.
-Cazzo, sto per venire tantissimo.- sussurrai.
Annamaria mi infilò la sua lingua in gola, probabilmente per farmi stare zitta.
Fu il primo orgasmo regalatomi da una donna e forse il più intenso di tutta la mia vita.
Per mia sfortuna, anzi, per nostra sfortuna quel momento venne rovinato nel peggiore dei modi. Nessuno aveva pensato di avvertirci che allo scoccare del quarto d’ora, l’armadio si sarebbe dovuto aprire davanti a tutti.
Le ante si aprirono e l’imbarazzo ci colpì come un’onda anomala. Annamaria aveva ancora la mano infilata nella mia figa gocciolante, ed io rimasi impietrita davanti allo sguardo sorridente di tutti i nostri amici che se ne stavano lì a fissarci, ridendo come stronzi.
Annamaria, estrasse la mano da me e scappò via a gambe levate, mentre io rimasi davanti allo sguardo di quegli stupidi dei nostri amici, con i pantaloni tutti bagnati per via della mia eccessiva lubrificazione vaginale.
Quella notte provai a chiamare Annamaria decine e decine di volte, ma non mi rispose mai più.
Tempo fa la incontrai in un bar e lei finse di non riconoscermi. Era con un uomo, probabilmente suo marito.
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