LA STORIA dell’AMANTE (Il bagno pt. 2)

orange-is-the-new-black_980x571Fu molto veloce, risalii e la baciai. Fu un bacio diverso, in un certo senso nuovo. Ogni bacio non è mai stato dato, e non verrà più ripetuto. È a sé, e fine a se stesso. Ma quello, quello sentivo sarebbe stato solo l’inizio. In musica lo chiamano crescendo, quando la musica inizia lieve e soave, fino ad arrivare a raggiungere note gravi, con un ritmo più frenetico, meno leggiadro. Ecco, quelle erano le prime note di un crescendo. Un crescendo di passione, di voglia, di eccitazione e di possesso. Baci dapprima lenti e moderati, fino a diventare sempre più frenetici. Il bacio come bisogno primordiale di trasmettere la passione, di trasmettere la voglia che si ha dell’altro. Quindi se prima si tentenna, le bocche si avvicinano, le labbra timidamente si incontrano. Poi, questo rimane solo un ricordo. La tensione si dissipa, e sale il calore della vicinanza con un corpo che vuoi, che brami e vuoi far tuo. Allora le aprii leggermente le labbra e avvicinai la lingua. Entrai, con qualche esitazione, ma in realtà neanche troppa, nella sua bocca. Sperando, desiderando con tutta me stessa di essere accolta dalla sua lingua. Di avere un “benvenuto”. O semplicemente che mi dimostrasse anche lei la stessa voglia. E così fu. Sentii la sua lingua. Inizialmente si avvicinò piano, ci fu un primo contatto. Poi la scintilla. Da quel piccolo contatto si sviluppò un calore mai sentito prima. Potevo percepire i fremiti del mio corpo, percepire come le singole cellule che mi compongono gioirono di quel contatto e ugualmente si eccitarono. Come in quel momento fu inevitabile per me avvicinarmi a lei, avvicinarmi ancora di più in un abbraccio. La passione ebbe inizio, le lingue si incrociarono, sfidarono in un vortice di emozioni. Un tango passionale, arricchito da quella voglia incontrollata di non staccarsi. Per tutto quel tempo non fu importante il respiro, ma il sentirla. Non avevo bisogno di ossigeno, ma di lei. Il mio corpo voleva lei, e non poteva neanche pensare di staccarsi. Quel benessere mi convinse ad osare. Lasciai l’abbraccio e con una mano scesi. Alla ricerca di lei, della sua intimità, con la voglia di farla godere, di farla mia. Potei sentirla bagnata. Non so spiegare l’esaltazione e l’importanza di sentirla così. Così pronta e vogliosa. Ricominciai laddove mi ero interrotta. Stimolai il clitoride. Ma proprio in quel momento capii che non sarebbe stata mia in quel modo, che dovevo osare, osare ancora e molto di più. Così scesi, le baciai il collo, ancora il seno, fino ad arrivare sul ventre. Scesi ancora, potevo sentire la sua voglia salire. Le feci sentire la lingua passandola velocemente sul clitoride. Potei vederla sospirare ed inarcare la schiena. Iniziai a respirare, proprio sopra quel punto sensibile, finché lei, forse per quell’incertezza creata o per la voglia diventata troppo pressante, mise una mano sulla mia testa, fino a spingermi verso l’intimità. Aprii la bocca ed iniziai lentamente a leccare. Prima dall’alto verso il basso, poi con piccoli cerchi, alla fine alternando ad ogni leccata un piccolo risucchio. Il suo ansimare si fece sempre più presente. Potevo sentirla distintamente, sebbene cercasse di trattenersi e di nascondere i sussulti portandosi le mani sulla bocca. Non so spiegare il pensiero che come una scarica mi attraversò la mente. Probabilmente semplicemente la voglia di sentirla urlare il mio nome. O sentirla supplicarmi di non smettere, di continuare, di farla godere. Non mi staccai dal clitoride, anzi portai vicino alla bocca la mano. Lentamente le stimolai l’entrata, finché durante uno dei suoi sospiri entrai. Si bloccò. Per un’istante soltanto non mosse un muscolo, non sospirò, ma si bloccò. Quando ricominciai a muovere la lingua, e il dito in lei, allora lì ricominciò. Più forte di prima. Potevo sentire come le mani stringevano le lenzuola, quasi come se così facendo si potesse attenuare quella sensazione tanto bella, ma tanto potente da non poter essere trattenuta in un corpo solo. Così continuai, tra noncuranza e voglia spropositata di sentirla godere, ancora e ancora. I colpi si fecero sempre più frequenti, profondi, con una cadenza, anche questa volta, crescente. Aumentai sia l’intensità dei colpi, che l’alternanza tra leccata e risucchio. Il suo ventre iniziò a tremare, le mani non riuscirono più a trattenere le lenzuola, la bocca si ammutolì per poi iniziare ad urlare. Piccoli urli, smorzati da sospiri, profondi, caldi. Stava sentendo, stava raggiungendo l’orgasmo. Questo pensiero mi fece impazzire e divenni frenetica nei movimenti. Finché non sentii che aveva raggiunto il limite. Il suo corpo fu percorso da una scossa elettrica, un brivido, spasmi, e poi il sollievo. Era venuta. Stanca mi staccai, risalii e la baciai. Questa volta teneramente, senza frenesia, ma solo dolcezza. Mi misi al suo fianco e mi addormentai.

TO BE CONTINUED…

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