La sottoposta
Era il suo capo e le sue attenzioni stavano diventando sempre più insistenti.
Si aggirava per il negozio, guardandola con occhi da lupo famelico.
Lei era sempre gentile nei suoi confronti, ma non aveva mai assecondato quelle sue attenzioni.
Non c’era mai stato nulla di veramente concreto. Qualche pacca sul sedere, fingendo che fosse involontaria, strusciatine di circostanza, ma mai nulla di talmente compromettente da generare uno schiaffo o cose del genere.
Piero era un pervertito molto discreto.
Era consapevole del fatto che prima o poi o avrebbe soddisfatto quelle richieste avrebbe dovuto cercarsi un lavoro differente.
Il fatto era che in fin dei conti quell’occupazione era buona. Non era un lavoro impegnativo.
Piero dipingeva le statuine sacre che andavano a finire nelle chiese o comperate da qualche privato. Lei era la semplice commessa e veniva sempre pagata regolarmente, senza mai nessun intoppo.
Lavorava in quel posto da quattro anni e non si era mai fatta realmente il mazzo, nemmeno per un giorno. L’unica pecca era l’ossessione del suo capo nei suoi confronti.
Forse era normale, perché lei era molto bella e come diceva sua madre: le donne belle sono costrette a soffrire quasi più di quelle brutte.
Stava controllando gli ordini sul computer, per compilare dei moduli da consegnare a Piero entro il pomeriggio.
Uno dei lati positivi era che in quel negozio si poteva fumare, perché più che un negozio vero e proprio, era una specie di rimessa o, se vogliamo, magazzino.
Se ne stava lì a controllare i file del suo computer, fumando una sigaretta in tutta tranquillità, quando sentì la mano di Piero sfiorarle la schiena.
Cosa doveva fare? Reagire per una volta, come se non le importasse niente del suo lavoro, oppure avrebbe dovuto accontentare una volta per tutte le sue stupide avance?
-Buongiorno colombina.- disse.
Era solito chiamarla colombina. Lei detestava quel soprannome, ma non aveva mai avuto il coraggio di dirglielo.
-Vieni un attimo nel mio ufficio, devo mostrarti i documenti.
-Non ti conviene mandarmeli per mail?
-Sì, ma se vieni nel mio ufficio, magari… potremmo anche berci un caffè assieme. Che ne dici?
Ci pensò per qualche secondo e, infine, colta quasi da uno spirito provocatorio acconsentì.
Lo seguì fino al suo ufficio. Cosa sarebbe successo dentro quel posto? Ne sarebbe uscita con una promozione o con un licenziamento in tronco? Era tutto nelle sue mani.
-Eccoti una bella tazza di caffè.- disse lui, porgendole un intruglio solubile da ipermercato.
-Grazie mille.
-Allora, colombina… cosa mi racconti?- sorrise, avvolgendole le spalle con le sue mani.
La toccava sempre. Era come se le sue mani non riuscissero mai a starle lontane.
-Non ho molto da raccontare.
-Eppure sei così tesa. Fatti massaggiare un po’.
Senza quasi accorgersene, la sua mano andò ad accarezzare il pacco del capo.
-Accidenti… Colombina.
-Che cazzo duro che hai.
-Credo che sia l’effetto che mi fai tu.
-Davvero?
-Sì.
-Senti un po’ ma… secondo te… potrebbe esserci un eventuale promozione in vista, per me?- sussurrò, fermando un attimo il moto della sua mano.
-Che genere di promozione ti piacerebbe?- rispose, prendendo la sua mano e facendola tornare in movimento.
-Intendo dire… qualcosa che valorizzi un po’ di più il mio operato. Magari con un aumento. Non è importante avere delle nuove mansioni, ma solo il sentirmi valorizzata come lavoratrice. Capisci cosa in tendo?- disse, infilandogli una mano nei pantaloni.
-Certo che capisco. Capisco benissimo. Guarda, credo che se tutto si spostasse su di un piano… come dire… orizzontale, potrebbe esserci proprio una bella promozione per te. Valorizzare i dipendenti è l’unica strada per realizzare un buon lavoro.
Capì immediatamente cosa fare e, mettendosi distesa sulla scrivania, sollevò la sua gonna, dicendo -Accomodati pure.
Si vedeva dalla sua faccia che il suo capo non credeva ai suoi occhi. Probabilmente era da tutta la vita che aspettava un’occasione del genere.
Tirò fuori il suo cazzo e la penetrò selvaggiamente, spostandole le mutandine.
Lo fece con molta enfasi, quasi come se non gli importasse che anche lei raggiungesse il piacere. Colombina rappresentava la trasgressione di scoparsi la propria sottoposta.
Ogni colpo che le veniva inflitto era meno eccitante di quello precedente, ne era pienamente consapevole e quello le faceva molto male.
Quel grosso cazzo le stava ingombrando la fica, ma alla fine dei giochi, lei avrebbe ricevuto una promozione.
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