La sala d’aspetto
Me ne stavo seduta all’interno della sala d’aspetto. È sempre stato molto imbarazzante frequentare le sale d’aspetto degli studi di un analista.
Non che ci sia qualcosa di male nel frequentare uno strizzacervelli, ma starsene assieme ad altre persone consapevoli del fatto che ti ritrovavi con dei disturbi mentali era una cosa molto invasiva.
All’interno della sala c’era solamente un signore, oltre me. Era un uomo distinto, in giacca e cravatta. Molti uomini indossavano dei completi comprati dalla grande distribuzione in formato standard e risultavano sempre così approssimati che quasi imbarazzavano chiunque posasse lo sguardo su di loro, quell’uomo invece aveva un completo fatto su misura.
Si accorse che lo stavo fissando.
-È sempre strano incontrare altra gente nella sala d’attesa, vero?- disse, sorridendo.
-Stavo pensando la stessa cosa. Anche lei è seguito dal dottor Ferri?- risposi.
-No… sto aspettando mia figlia. È lei ad essere seguita dal dottore.
-Ah, capisco.-
Dunque, non aveva nessuna rotella fuori posto. Iniziai a sentire i primi sintomi del mio problema. Cosa mai potevo fare? Il bagno era guasto e lì, nel bel mezzo della sala d’attesa, non avrei mai potuto soddisfare quella mia voglia.
Iniziai a grattarmi le caviglie sui collant, giusto per sentire un contatto col mio corpo. Stavo per impazzire. Se solo quel bagno non fosse stato fuori servizio e momentaneamente sigillato, tutto sarebbe stato diverso.
Mi alzai e mi misi a sedere vicino a quell’uomo. Avevamo scambiato solamente qualche chiacchiera, ma essendo molto bella, forse non si sarebbe scandalizzato più di tanto se gli avessi confessato il mio problema.
-Posso mettermi qui?
-Certo.- rispose.
-Senta, le devo confessare una cosa.
-Cosa?
-Il motivo per cui sono in cura da questo psicologo è la masturbazione compulsiva. Mi hanno costretto a venire qui quelli del lavoro, altrimenti mi avrebbero licenziato. Il tutto perché durante una riunione aziendale ho iniziato a masturbarmi durante una presentazione in powerpoint.
-Ah… interessante. Ma come mai mi sta confessando queste cose.
-Perché il bagno è fuori servizio ed io non posso andare a masturbarmi lì dentro, ma mi creda… non riesco assolutamente a non masturbarmi. Io devo… devo toccarmi.
Non riuscii nemmeno a terminare il discorso; la mia mano si era già messa all’opera. Mi stavo masturbando a fianco a quel perfetto sconosciuto, nella sala d’aspetto del mio analista. Dio santo, che vergogna!
-Se vuole… può darmi anche una mano.- dissi.
-Dice sul serio?
-Sì… sempre che lei non creda che io sia una pazza.
-No… capisco benissimo le sue motivazione e se le posso essere utile, sarò ben contento di darle una mano.- disse l’uomo, infilandomi una mano nella figa, senza fare tanti complimenti.
Almeno avevo smesso di sentirmi una pervertita, perché i quella sala eravamo in due a dar sfogo alle nostre perversioni.
Appoggiai una mano sulla parete dietro di me, contorcendomi sulla sedia. La mia figa era zuppa, e le mutandine sembravano quelle di uno donna che se l’era fatta a dosso, ma non m’importava. Stavo godendo come una cagna e quella era l’unica cosa importante.
Io dovevo godere sempre e dovunque, quello era il mio problema. Non avevo perennemente voglia di scopare, i miei erano dei semplici attacchi di ninfomania momentanei, in cui necessitavo di una buona e sana masturbazione.
La mano di quello sconosciuto esplorava la mia vagina come un viaggiatore alla ricerca del mio amplesso, nascosto dietro la collina del clitoride.
-Non si fermi. La prego.
Stavo godendo come una troietta, non c’erano altri modi per definirmi. Ero una troia, ma ero contente e quella era l’unica cosa importante: la contentezza.
-Vengo, vengo!- sussurrai.
-Voglio farla venire.- disse l’uomo, parlandomi all’orecchio.
-Mi faccia venire. Avanti.- continuai io, spingendogli a fondo la mano dentro la mia figa.
L’orgasmo mi distrusse. Le gambe iniziarono a tremarmi e tutte le articolazioni furono smosse da una specie di scarica elettrica. Venni, inzuppandomi le mutande e la gonna, lavando col mio liquido vaginale la mano di quel padre amorevole che aveva accompagnato lì sua figlia.
Mi sentii una troia e forse lo ero. Avevo bisogno di essere curata, ma avevo anche bisogno di essere masturbata da una mano gentile e sconosciuta di tanto in tanto.
Ognuno aveva le sue perversioni e quella era la mia.
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