La Metropolitana
Non so perché mi sia comportata in questo modo. Non avevo mai fatto nulla del genere. Certe volte la vita ti prende alla gola. Il tempo inizia a passare molto velocemente e ti ritrovi senza nemmeno accorgertene a porti domande tipo: e se dovessi avere qualche rimpianto?
Avete mai avuto l’impressione di esservi comportate troppo bene nella vostra vita? Avete mai sentito la necessità d’iniziare a comportarvi male? A me è successo e non saprei dire se sia stato un bene o un male.
Ieri pomeriggio in metropolitana, mentre ritornavo da lavoro, iniziai a sentirmi sola.
Che diritto avevo io di sentirmi sola? Un buon lavoro, un marito amorevole, e una bimba di due anni che non vede l’ora di riabbracciare sua mamma ogni pomeriggio alle sette e trenta. Non potevo sentirmi sola, eppure la solitudine era l’unica cosa che provavo in quel momento.
Anche in quel vagone della metropolitana mi sentivo sola, sebbene ci fosse un uomo esattamente di fronte a me, seduto nella fila di sedili opposta alla mia.
La città era riuscita ad alienarmi a tal punto da farmi sentire sola, anche davanti ad un altro essere umano.
Eravamo sullo stesso vagone, ma era come se non ci fossimo realmente; era come se ci guardassimo attraverso.
In effetti lui mi aveva guardato un paio di volte il seno, quindi forse riuscivamo anche a guardarci in superficie. L’aveva fatto in maniera gentile e fugace, ma io l’avevo visto.
Qualcosa in me inizio a gridare. Dovevo essere una brava segretaria, una brava mamma e una brava moglie, insomma… una brava donna.
Il problema era che io non volevo essere una brava donna. Mi alzai come mossa da un impeto demoniaco, un qualcosa che tutt’ora non riesco a definire a parole.
Mi misi a sedere a fianco a quell’uomo.
-Io mi chiamo Paola, ma non voglio che lei mi dica il suo nome. Voglio solamente essere scopata da un uomo che non conosco, uno che potrebbe non avere nemmeno un nome, uno che potrebbe anche essere un ladro o un assassino. Voglio solamente un cazzo dentro di me, per provare a me stessa che non sono buona. Vorrebbe essere quell’uomo?
Non credevo alle mie parole. Avevo parlato senza pensare e la prossima fermata della metropolitana era distante; per un attimo mi prese il panico.
-Certo.
In dieci anni di matrimonio non ho mai tradito mio marito. Potrà sembrare cattivo, ma credo che dopo dieci anni di fedeltà una donna si meriti una scopata con uno sconosciuto sul vagone della metropolitana.
Presi la mano di quello sconosciuto e me la misi sul seno, mentre gli slacciavo i pantaloni.
Iniziai a masturbarlo. Era liberatorio fare una sega ad un uomo che non fosse mio marito, mentre la metropolitana in corsa sfrecciava a tutta velocità.
Aveva un cazzo duro e tozzo. Proprio quello che ci voleva.
Mi alzai la gonna, spostai le mutande e mi misi a sedere sopra di lui, infilandomelo tutto dentro.
Avrei voluto vedere mio marito entrare in quel vagone, per fargli vedere cosa ero in grado di fare da sola. Sì, mi stavo facendo scopare da un perfetto sconosciuto e quel cazzo mi riempiva come mai prima di quel momento.
-Fammi male. Devi solo farmi male.
Iniziò a spingere con forza. Colpi secchi e intensi. Aveva un cattivo odore e questa cosa mi eccitava molto.
Mi bagnai così tanto che iniziai a sentire i suoi pantaloni inumiditi sfregare contro le mie cosce.
-Dimmi che sono una troia.
-Sei una troia.
-Dimmi che sono una troia che si fa scopare dagli sconosciuti.
-Sei una troia che si fa scopare dagli sconosciuti.
Mi sbottonò il maglioncino e con un gesto violento liberò le mie tette dal reggiseno.
Ero una troia che si stava facendo scopare in un vagone desolato, con le tette al vento.
Per la prima volta negli ultimi anni mi sentii veramente viva.
Sentii il ritmo della scopata affievolirsi, segno di un prossimo orgasmo. Afferrai il passamano e facendomi forza iniziai a dimenarmi come una cagna in calore.
-Voglio che mi vieni dentro. Vieni nella tua troia. Vieni.
Lo sentii. Esplose in un getto umidiccio e caldo nella mia figa.
Il vagone si fermò ed io ero ancora incredibilmente bagnata.
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