La cameriera ostinata

Marta sapeva benissimo ciò che era successo.
Le voci di corridoio erano arrivate fino alle sue orecchie, passando di bocca in bocca. La promozione sarebbe andata a Svetlana. Aveva fatto un pompino a Massimo e lui le aveva concesso l’onore del passaggio a maitre.
Svetlana non aveva figli ed era giovane, mentre lei oltre a due bocche da sfamare a casa era arrivata ai quaranta senza nemmeno accorgersene.
Farsi soffiare così da sotto il naso il posto di lavoro da una troietta di serie B non era contemplabile. Non avrebbe mai voluto scendere a compromessi, ma nonostante il tempo fosse passato, ai tempi dell’università aveva dimostrato un notevole estro libertino.
All’epoca si era guadagnata la reputazione di “ragazza facile”, ma adesso quel tirocinio le sarebbe tornato utile.
Massimo se ne stava lì, seduto alla sua scrivania. La guardava negli occhi e si capiva che era pronto per dirle che la promozione sarebbe andata a Svetlana. Magari le avrebbe offerto dei turni extra. Fanculo i turni extra… lei voleva la promozione.
-Senta, cara.
-Aspetti signor Massimo. Ho una cosa da dirle.
-Mi dica.
L’uomo era una creatura semplice.
Marta si abbassò per un secondo, estraendo qualcosa dalla sua borsetta.
-Ho qui una cosa.- disse, posando un barattolo dal tappo blu sulla scrivania del proprietario del ristorante.
Era vaselina.
-Vorrei chiederle di mettermelo nel culo. Qui. Adesso. Mentre le cameriere prendono le ordinazione, mentre i cuochi cucinano e tutto il resto. Vorrei che lei me lo piantasse in culo. Dopodiché vorrei che mi sborrasse in faccia. Così un giorno potrà dire di averlo messo in culo al suo maitre. Che ne dice?
-Ma lei… sta dicendo…
Marta si alzò e, sollevando la gonna, fece scivolare via le sue mutandine bianche con fiorellino rossi.
Assunse la posizione, senza nemmeno attendere una risposta dal suo capo, posò le mani sui braccioli della sedia, mostrandogli il suo culo sodo, modellato da anni di pilates.
Massimo si alzò. Sentì i suoi pantaloni abbassarsi e il tipico rumore dello sfregamento atto ad irrigidire il cazzo.
Il barattolo di vaselina era stato aperto. Non una parola.
Senza gentilezza o cortesia, un dito impregnato di vaselina le sondò il culo in profondità.
Marta sussultò. Il suo culo da quarantenne era ancora in grado di battere la bocca di una ventenne rumena.
-Eccola accontentata… signora maitre.- disse Massimo, infilandole il cazzo nel culo.
Fu molto aggressivo nella penetrazione.
Marta non era felice di quella situazione, tuttavia non riuscì ad abortire un grido di piacere misto a dolore, dolorante quella penetrazione a freddo.
Massimo iniziò a darci dentro. Tra i colpi del basso ventre del proprietario sulle sue natiche e lo slittamento della sedia, sicuramente qualcuno avrebbe sentito e capito ciò che stava succedendo all’interno di quella stanza.
Il culo iniziò a bruciarle, proprio quando, durante l’impeto della cavalcata, massimo afferrò la donna per i capelli, tirandole una sculacciata sul culo.
“No… la sculacciata sul culo no…” pensò Marta, prima di riceverne altre due.
-Nitrisca Marta… Nitrisca.
Marta nitrì. Non si era mai sentita così umiliata in vita sua.
Un cazzo nel culo a violare ogni suo dolore, mentre doveva fingere noi essere una cavalla. Quello era il fondo.
-Nitrisca come una troia. E se lo ricordi quando sarà maitre. Che il mio cazzo è stato nel suo culo.
Marta nitrì nuovamente, consapevole che non avrebbe mai dimenticato.
Il membro duro fuoriuscì dal buco del suo ano.
-S’inginocchi.
Mantenere il lei era davvero umiliante.
Marta s’inginocchio, ritrovandosi faccia a faccia con il cazzo del suo boss.
Si stava masturbando davanti ai suoi occhi. Marta non fece nemmeno in tempo a concentrarsi sull’immagine che uno schizzo di sperma le colpì l’occhio sinistro.
Chiuse gli occhi, torturata da un bruciore momentaneo, mentre altro sperma le finiva a getto sulla fronte, sui capelli e sulle guance; le stesse che le sue figlie baciavano ogni notte.
Quello era il fondo.
-Complimenti alla nuova maitre.
-Ha per caso un fazzoletto?
-No… e adesso avrei anche del lavoro da sbrigare. Quindi, quella è la porta.
Marta si ripulì con la manica della sua camicetta e uscì con l’anima e la camicia un po’ più sporche del solito.

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