Il seminario della donna in carriera

Inculata da un negro: racconti erotici

Si era preparata da almeno un mese per presenziare a quel seminario. Lavorava per quell’azienda da più di tre anni e finalmente qualcuno sembrava finalmente essersi accorto di lei.
Dopo anni passati a sgobbare dietro alle peggiori carogne della sua agenzia era riuscita a farsi valere.
Viaggio, albergo di lusso e vestito tutto compreso. Le sembrava di vivere il suo personale sogno d’infanzia, quando da piccolina immaginava di vestirsi da donna d’affari in un viaggio immaginario.
Quel viaggio, adesso, era diventato una realtà degna d’ogni rispetto.
Amanda aveva mangiato nella sua stanza d’albergo, perché lei era differente da tutti i suoi colleghi, lei era stata invitata a presenziare proprio accanto alla sedia del direttore delle risorse umane. Non avrebbe mai potuto cenare assieme ai suoi colleghi coi loro abiti dozzinali e le battutine continue su quelli che come lei si davano da fare per arrivare sempre più in alto degli altri.
Il vestito era perfetto, i capelli erano tutti al loro posto e le sue tette erano messe perfettamente in risalto dal reggiseno che aveva comprato in uno dei negozi più alla moda di tutta Milano.
Uscì dalla sua camera, pronta alla battaglia. Sarebbe stata bellissima e arguta, proprio come sua madre le aveva imposto di essere nella vita.
Entrò nell’ascensore assieme ad un fattorino di colore. La musichetta suonava nelle sue orecchie come una specie di monito atto a ricordarle che nella vita ogni occasione persa non era recuperabile in nessun modo.
Amanda aveva sempre avuto un problema. Perfino da bambina, quando doveva partire per l’ultima corsa di qualificazione per i campionati italiani di atletica leggera, aveva volontariamente rischiato di rovinare tutto, mangiando una brioche alla Nutella, accompagnata da un bicchiere di latte caldo.
Davanti alle situazioni importanti della vita, quando tutto era già stato deciso e lei era praticamente pronta ad entrare in scena, doveva per forza provare a rovinare tutto. Era una specie d’istinto di quasi non-sopravvivenza.
-Mi vorrebbe inculare?- domandò, con quell’aria da ricca borghese che la contraddistingueva da sempre.
-Cosa?- domandò il ragazzo, destabilizzato da ciò che aveva appena sentito.
-Le ho chiesto se per caso le facesse piacere incularmi? Qui, nell’ascensore.- sorrise, premendo il bottone dell’arresto immediato.
Il fattorino la guardò negli occhi. Era molto bella.
Spinse da sé il carrello e si slacciò i pantaloni, facendo fuoriuscire un membro di dimensioni spaventose.
Amanda si mise in ginocchio e prese quel pisello in bocca, succhiandolo con enfasi, per farlo diventare duro il più in fretta possibile. Amava i cazzi duri. Erano per lei la cosa più bella dell’intero pianeta.
Avrebbe cambiato cazzo ogni giorno se solo questo non le avesse procurato una reputazione da troia.
-Ok. mi pare che ci siamo.- disse, tutta eccitata per via delle dimensioni di quel pisellone africano che a breve avrebbe introdotto dentro di lei.
-Adesso ti sfondo.- sussurrò quell’uomo, talmente eccitato da prenderla e rivoltella come se fosse stata un semplice calzino.
Sputò sul suo cazzo e l’infilò dentro quella donna ben vestita, facendole un male atroce, afferrandola per i capelli, distruggendo quella pettinatura per cui aveva lottato per più di mezz’ora.
Ad Amanda non importava più nulla, quel cazzo le avrebbe fatto dimenticare ogni cosa. Il male, il piacere, l’ascensore e l’allarme che continuava imperterrito a suonare nelle sue orecchie; tutto la stava facendo impazzire di piacere.
-Sbattimelo. Sbattimelo nel culo.
-Te lo sto sbattendo. Ne vuoi di più?- disse il fattorino, ansimando per l’evidente sforzo fisico.
Amanda non era mai stata scopata in quella maniera, ogni parte del suo ano stava godendo assieme a lei. Era piacevole, anche se il fattorino la stava scopando con l’impeto di un leone, facendole molto male, senza praticamente tenere conto del fatto che era una donna e, quindi, un essere sensibile.
Quel ragazzo africano sembrava fregarsene della sua fragilità di donna e questo la faceva letteralmente impazzire, facendole desiderare di essere umiliata ancora di più.
Ad un tratto l’ascensore ripartì, senza fermare, però, il loro coito.
Il fattorino sborrò dentro il suo ano dilatato, più o meno all’altezza del terzo piano e lei sentì tutta quella sborra calda colarle giù dal sedere, quando iniziarono a ricomporsi.
Guardando la sua faccia riflessa nello specchio dell’ascensore, non vide il volto di una donna d’affari, ma quello di una semplice troia disposta a farsi montare da uno sconosciuto, in un sontuoso ascensore di un cinque stelle.

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