Il mio piccolo segreto

Stavo riaccompagnando mia nipote Fabiola a casa dai suoi. Aveva passato il fine settimana con me e mia moglie. Ogni tanto, la ospitiamo e a lei fa piacere stare con noi perché viviamo in campagna e abbiamo una fattoria con tanti animali. Lei adora i nostri cavalli e quando mio fratello, suo padre, le dà il permesso lei ci viene a trovare.

Fabiola adesso ha diciotto anni e si è fatta proprio carina. E’ una castana dai lunghi capelli mossi, snella ma con le curve al posto giusto, alta. Comincia ad essere veramente provocante. Non avevo potuto fare a meno di notare il suo fisico perché, quando fa caldo, le sue magliette corte, i suoi pantaloni aderenti lasciano poco spazio all’immaginazione.

Quel giorno, eravamo scesi dalla moto – sono un tipo sportivo, io – per respirare un po’ d’aria buona. Indossava un paio di leggings aderentissimi, sembrava nuda e il suo bel sedere si offriva alla vista di chiunque. Ho sempre avuto un debole per il culo, mia moglie lo sa…

“Ma come fai a indossarli senza mutande?” le ho chiesto io notando che mia nipote non aveva segni di mutandine sopra l’anca.

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Mi ha risposto ridacchiando, poi mi ha chiesto di camminare un po’ lungo una stradina di campagna solitaria. Senza dire niente, mi ha baciato e mi ha spinto a toccarla dappertutto. Palpavo certe chiappette tonde e sode… Mi chiedevo se avesse pelo oppure no e, per togliermi la curiosità, le ho prestato un paio di dita in fichetta.

S’è chinata e, tirando giù lo zip dei pantaloni, mi ha preso in bocca l’uccello tesissimo. Io fremevo dalla voglia di scoparla e non mi vergogno di confessarlo. ma ci tengo al matrimonio e così le ho chiesto di seguirmi in un appartamentino che uso per ogni evenienza e che mia moglie non conosce.

Manco ha risposto. Non vedeva l’ora di fare la sporcacciona con suo zio, il ‘preferito’, come dice lei…

Trafficandola con le dita, appena arrivati, ho scoperto che ha una spacca depilata bella larga, almeno quanto la sua bocca…  Si lasciava masturbare e rideva come un angioletto ribelle. Ha ripreso il bocchino che aveva interrotto su quella stradina e mi è salito il sangue al cervello. Sbavava sull’asta come certe ragazzine che non hanno ancora imparato a mangiare con educazione a tavola. Mi ha pregato di leccarle la topa e mi sono immerso nel suo paradiso adolescente.

“Ti è diventato duro, zio…” m’ha chiesto mentre lo guidava nella sua spacchetta per niente vergine.

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Provocato da quella peste, l’ho chiavata stendendola sul letto con un impeto che faceva lagnare il materasso. Un buchetto profondo, palpitante mi avviluppava il cazzo e si è perso, più di una volta, in lunghe e continue contrazioni d’orgasmo.

L’ho chiavata tirandola giù verso il mio palo a smorzacandela. Poi, in  piedi, sbattuta dai miei colpi maturi contro la scrivania.

Ha voluto fare un giochino, la piccola lunatica. Ha ripreso a succhiarmi fino a stimolare un bisogno urgente che ha voluto addosso. Una fontana gialla le ha bagnato la maglietta e mi ha liberato di un gran peso alla vescica. Ho voluto la stessa cosa da quella zozzetta. Sgrillettandola forte e spremendo il suo giovane utero, l’ho portata a pisciare e ho bevuto un po’ di quel nettare agrodolce. Chiusa parentesi.

Non ero di certo sazio del suo corpicino e sono tornato ad affondare nel suo pancino arreso sul lavabo del bagno. Lei stava lì, arresa a gambe larghe davanti al mio nerbo, e lo incassava con una sorca fradicia e bollente. Un inferno, un vero inferno in cui precipito ancora oggi.

Glielo avrei schiaffato molto volentieri nel culo ma lei, la prima volta, a malapena me l’ha fatto brucare con la lingua. Ci ho messo un mese a possedere quella delizia… Ho insistito un bel po’, la prima volta, prima di arrendermi.

“Lo sai che non si può fare, zio. Non ci provare, altrimenti lo dico a papà…”, mi minacciava con quel musetto da adorabile gattina.

Ho voluto impiastrarlo subito, quel musetto. Ho aperto il rubinetto e ho scaricato come un matto aiutandomi con movimenti veloci della mano. Lei, a bocca aperta e mani giunte, ha ingoiato e raccolto tutta la sborra. Ha leccato tutto senza lasciare traccia. Con un bacio mi ha sussurrato all’orecchio :

“E’ stato bello, non è vero, zio ?” aggiugendo “Se ne parli con  papà,  gli dico che hai provato a violentarmi….”.

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