I supervisori della gita di classe
Erano in gita con l’intera classe e come al solito, avevano chiesto a due genitori di supervisionare la gita.
Luciana era la mamma di Walter, mentre Carlo era il padre di Sofia.
Non si erano mai visti prima di quella gita, ma avevano subito iniziato a parlare di cose come gusti cinematografici e musicali, durante il viaggio in autobus verso Venezia.
-Ma dai, anche a me piacciono molto i Nirvana. Sono cresciuta con la musica grunge.
-Ti posso fare una confessione?- sorrise Carlo.
-Sono tutt’orecchie.
-Da ragazzo avevo una band grunge. Ci chiamavamo i Plister.
-Plister… sembra proprio un bel nome.
-Mi stai prendendo in giro.
-No, no… davvero. Sembra un po’ strano che un musicista grunge sia finito a vendere automobili.
-Cosa vorresti dire? Hai qualcosa contro i venditori di automobili?
-Assolutamente no. Voi riuscite a far fare alla gente cose di cui si pentiranno nel giro di due ore, ma tolto questo… siete anche delle brave persone.
-Non è vero. Noi non abbiamo questo potere, altrimenti ti avrei già convinta a fare qualcosa di cui ti pentiresti.-disse Carlo.
Il suo modo di flirtare era sempre stato molto estremo e volgare, ma di tanto in tanto funzionava inspiegabilmente.
-Ah… sbaglio o stiamo andando sul piccante?- chiese, ironizzando.
-Forse.
-Ok… prova a convincermi a fare qualcosa di cui mi potrei pentire tra un’ora.
-Che ne dici di farmi un pompino? I ragazzi stanno dormendo e noi siamo seduti sugli ultimi posti. Siamo coperti dai sedili della nostra prole.
-Vedo che tu non vai tanto sul sottile.
-La vita è troppo breve per andare sul sottile. Non la voglio sprecare chiedendomi “come sarebbe stato?”; non potrei mai perdonarmelo.
-Continua a parlare del pompino o vai sulla metafisica?
-No, no… parlo sempre del pompino.
Luciana raccolse i suoi capelli in una coda di cavallo, guardandolo dritto negli occhi, per poi iniziare a massaggiargli le palle con la mano destra. Aveva delle lunghe unghie smaltate e degli anelli d’oro.
Era una palpata di classe.
-Vedo che il mio super potere funziona bene, allora.
-Funzionerà solamente se me ne pentirò!- disse a bassa voce Luciana.
Carlo si slacciò i pantaloni a guardò atterrare quella testa sul suo pisello, mentre i ragazzi e gli insegnanti dormivano, stremati dal viaggio.
Le labbra di Luciana avvolsero il suo membro e lui si sentì un vero e proprio re.
L’autostrada scorreva a fianco a lui, mentre quella bellissima mammina sexy inghiottiva il suo cazzo. Con un gesto violento spinse a faccia di Luciana talmente a fondo da farle venire dei conati di vomito. Doveva pur semplice farla pentire della sua scelta, da buon rivenditore di automobili qual era.
-Che brava succhiatrice di cazzi abbiamo qui.-disse.
La mano di Luciana tappò la bocca dell’uomo per impedirgli di dire altre stronzate come quella.
Ciucciava con volontà e pazienza, perché era sempre stata un’eccellente estimatrice del sesso orale e ogni volta che finiva a fare un bocchino, voleva che fosse la migliore. A suo modo era una specie d’artista del cazzo.
I rumori dell’opera rischiarono più volte di svegliare gli studenti, ma a quel punto, presi com’erano dalla foga del momento, non gliene sarebbe importato più di tanto.
Lei era una troia e forse lo sarebbe sempre stata, la sua reputazione la precedeva sempre di un paio di metri e aveva imparato a conviverci.
Carlo le accarezzò il culo rotondo e leggermente in carne, godendo come una sorta di animale squartato in due da una motosega.
Sborrò tra quelle fauci, rischiando quasi di andare in iperventilazione. Quei pompini erano quasi da infarto.
-Cazzo ragazza, tu gli uomini li uccidi proprio con quella bocca.
-Baciami.- disse lei, tornando in superficie.
Carlo la baciò e lei gli sputò in bocca tutto il suo sperma.
-Che stronza che sei.
-Chi è che adesso si è pentito della scelta?- domandò, scoppiando a ridere.
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