Cappuccetto rotto dal lupo cattivo

Cappucceto rosso inculata dal lupo

Ho sempre evitato i consigli di mia madre, fin da piccola. Lei ha sempre voluto impaurirmi sugli affari di sesso dicendo che i maschi vogliono una cosa sola e che ci vuole un attimo a cacciarsi nei guai. Ma non è vero che i maschi vogliono una cosa sola. Di solito, da me, ne vogliono due: la fichina rosa e lo stellone dai bordi più scuretti…

Mia madre, tanto per cominciare, non mi ha mai detto proprio tutta la verità sul conto degli uomini. Il suo tono da matusa m’infastidisce; lei non capirà mai quanto mi piace fare la finta preda. Chi mi conosce bene mi chiama Cappuccetto allupato. O rotto, a seconda del momento.

Per far dispetto a mia madre – o, semplicemente, perché io sono fatta così – non ho mai dato retta ai bravi ragazzi e ho sempre dato… il retto ai più furbastri, ai lupacchiotti dallo sguardo vivace, quelli insomma che sono bravissimi ad aprirti in due.

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Posso trasformare un giorno qualsiasi dell’anno in un Martedì grasso, ma quello che sto per raccontarvi è successo davvero a Carnevale.

Mi sono travestita da Cappuccetto Rosso all’insaputa di mia madre; sono uscita coi soliti jeans ‘normali’ dicendole che andavo a casa di un’amica e, poi, quando sono arrivata a casa di un amico, mi sono cambiata in fretta e… guardate che abitino. Non è arrapantissimo? Per il mio amico, lo era eccome tanto che, quando mi ha visto vestita in quel modo con un paio di stivaloni che valorizzavano ancora di più le cosce, mi ha chiesto di aspettarlo un attimo in giardino, che voleva cambiarsi pure lui.

Ci ha messo pochissimo a tornare da me. Aveva una maschera da lupo e avanzava verso di me con l’uccello di fuori bello rizzato.

Mi ha detto di salire in macchina, che mi avrebbe portato in un boschetto lì vicino per rendere tutto più realistico. Potevamo immergerci nel vivo della porno favola.

Persa in quel  boschetto, morivo d’impazienza. Mi aveva fatto scendere per prima mentre lui parcheggiava l’auto dicendomi che mi avrebbe raggiunta. L’ho aspettato un quarto d’ora, mi chiedevo dove fosse andato Alberto e perché ci metteva così tanto a raggiungermi. L’ha fatto apposta per rendere più fragile il mio sistema nervoso. Me lo sono ritrovata davanti mezzo nudo con la maschera da lupo sulla testa e quel bel cazzone super teso che chiedeva aiuto alla mia bocca. Non lo immaginavo così… ‘lupo’. Mi ha fatto una certa impressione, non lo nascondo. E poi non lo avevo mai visto nudo, fino a quel momento, e… beh, la sua coda lupacchiotta era più dura e grossa di quanto sperassi.

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Mi toccava il corpicino tremante, mi leccava dappertutto e io, svegliata di colpo dalla sua lingua e dalle sue mani curiose, non vedevo l’ora che mi saltasse addosso famelico. Ho preso a ciucciarlo con una fame che, più veniva saziata e più mi faceva venire i languorini davanti e dietro. Colavo tutta ed era quello il momento buono per arrendermi alla sua voglia di ficcarmi scivolandomi dentro aiutato dai miei stessi umori.

Lupo ‘Alberto’ non era solo cattivo ma anche volgare: mentre mi ficcava di sbieco, mi riempiva di pisello e di parole sporche che mi salivano dritte al cervello. Tra le foglie secche mi farciva la fichetta di coda durissima che sbatteva e spremeva, spremeva e urtava contro un punto interno che mi regala certi orgasmini…

Mi ha aperto la mente e i fondelli come meglio non avrebbe potuto. Bagnatissima mi sono lasciata andare al suo tono sbrigativo, impaziente di divorarmi il buco stellato. Che voce penetrante… Almeno quanto il suo cazzo. Il suo gran cazzo…

Non avrei mai pensato di ritrovarmi un uccello così duro e grosso nello sfintere, in un colpo solo.  Me l’ha spinto dentro e dietro senza bussare, senza chiedere permesso. Il suo nerbo di vene gonfie s’è fatto strada nel didietro in un attimo, spanando un’entrata infernale che chiedeva carne indurita a tutti i costi. Non ho mai voluto un cazzo nel culo come in quel momento.

Lupo e Cappuccetto Rosso facevano lo stesso gioco zozzetto come non succede mai nelle favole e come, spesso, succede nella vita… Miagolavo ad ogni ‘tappa-e-stappa’. Nel momento più delicato di tutta l’inculata – quando ormai il pisello era entrato fino alle palle – l’ho cavalcato belando come un agnellino. A pecorina, stuzzicato dal mio belare, mi riempiva al massimo, mi sentivo senza via d’uscita, solo d’entrata.

L’ho sentito davvero quando l’animalone fuori di testa mi ha tappata precipitando da sopra. A testa in giù l’ho succhiato per distrarlo, ma lui è tornato ad inculare. E inculava, inculava… fino a schizzarmi dentro. Cafone…

In fondo si sa: se  ‘a pecora’ si fa, il lupo poi ti  mangia…

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