Assaggio in metro
Laura è una di quelle ragazze che sapeva cosa voleva. Quando eravamo all’università eccelleva in tutto: studio, amici e sesso. Non era zoccola, solo una che sapeva come e con chi divertirsi. Le piacevano in particolare gli studenti stranieri, ma in realtà i suoi gusti dipendevano dal periodo.
D’altro canto tutti volevano stare con lei. Una terza piena e soda, gambe lunghe e taglio corto la rendevano il nord delle nostre bussole ormonali. Tutti puntavano a lei.
Io non ero esattamente il ragazzo tipo di nessuna. Non che non avessi le mie esperienze, ma avevo un viso anonimo e una corporatura normale. Insomma non ero uno che si notava.
Vivevamo tutti e due fuori Milano, e andavamo e tornavamo insieme dal parcheggio di Lampugnano, dove ognuno dei due lasciava l’auto.
Con Laura ci ho sempre provato, perché è una di quelle ragazze con cui ci provi come se non ci fosse un domani.
Una volta, l’ultimo anno di università, sapevo che era da un po’ che non combinava nulla, e ragazze così hanno bisogno dei loro ritmi. Ho passato tutto il giorno a lezione a sfiorarla, sussurrarle cose, dargli appuntamenti nel bagno. Niente. Risoluta aveva ripetuto ridendo che io non ero il suo tipo.
La voglia in me intanto era arrivata a livelli incredibili. Verso sera non facevo che pensare ai seni sodi e a quel culo a mandolino, tanto che sentivo l’uccello prendere possesso dei boxer.
A causa di un laboratorio serale, quel giorno ci ritrovammo a dover prendere la metro verso le undici. Quasi deserta, ci offrì dei posti piuttosto nascosti, dove avevo la libertà di ritentare ancora le mie carte.
Laura portava una gonna corta, scozzese, e una canottiera scura che metteva in risalto le sue due tonde meraviglie. Non riuscii a non farmi beccare mentre la guardavo. Lei aveva gli auricolari e sorridendomi non disse nulla. Poi prese la mia mano e se la mise sul ginocchio.
Io ero abbastanza in imbarazzo, anche perché comunque eravamo in un posto pubblico e poi non sapevo che strada dovessi prendere. Dopo un minuto buono con la mia mano sul suo ginocchio nudo le mi afferra le dita e se le porta pian piano fra le gambe.
I piccoli ricci mi solleticano la punta dei polpastrelli solo per un attimo prima che lei mi guidi in profondità. Lei posa appena la mano sul mio uccello che adesso è duro come il marmo mentre io inizio un avanti e indietro. È calda e umida. Laura chiude appena gli occhi mentre trattiene piccoli sospiri. Pare che nessuno dei tre presenti in metro si accorga o sia benché meno interessato a Laura e alla sua figa sempre più umida e aperta.
Avrei voglia di tirarle su quella gonna e farglielo sentire tutto, ma non posso fare molto di più e continuo a entrare e uscire nel segreto del vagone, mentre lei arriccia impercettibilmente le dita dei piedi dentro le scarpe.
Mi afferra il polso e mordendosi un labbro viene copiosamente. Il suo odore mi penetra nelle narici e arrapato continuo sempre più lentamente, mentre le sue dita mi stringono il polso e il mio uccello pulsa.
A Lampugnano, sorridente e come se niente fosse successo, si era legata una felpa in vita ed eravamo usciti, io ancora con le dita umide. Davanti alla macchina mi ha fatto l’occhiolino.
«Non sei male. Potrebbe essere solo un assaggio».
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