Arturo il nano

racconti di un nano dotato

Oggi ho tradito mio marito. Lo so che è una cosa terribile da dire, ma non potevo fare altrimenti.
Era da tutta la vita che aspettavo di farmi sbattere da un nano.
Lo conoscevo da quando avevamo diciotto anni, era sempre stato molto bello, nonostante l’altezza fosse da sempre quella di un bambino.
Si chiamava Arturo ed avevamo fatto assieme le scuole medie, non lo vedevo dai tempi del liceo; immaginate che stupore provai incontrandolo proprio nel caffè sotto casa.
-Ciao Elena, disse lui.-sorridente, esattamente come me lo ricordavo.
Mi aveva sempre fatto un gran sesso. Non so spiegare bene il motivo, il fatto è che quel suo modo di fare così sicuro di sé mi aveva sempre fatto impazzire e, inoltre, ero molto curiosa di scoprire le dimensioni del suo pene.
Lo salutai e gli permisi di offrirmi un caffè. Chiacchierammo per una decina di minuti e scoprii che da qualche mese faceva il barista in un locale del centro.
Mi disse, ironizzando, che era solito utilizzare uno sgabello per muoversi dietro al bancone, facendo ridere tutti i clienti. Si era scopato una decina di donne, lo sapevo perché quando eravamo ragazzini, anche se non ci frequentavamo più da tempo, le voci di corridoio giravano.
Mi chiese che lavoro facessi. Mi chiedeva sempre qualcosa, era il suo modo di fare, quello stesso modo di fare che non avevo mai trovato il mio marito. Ero già tutta bagnata.
-Vuoi salire a casa mia? Abito proprio a due isolati da qui.
-E cosa vorresti fare a casa tua?- domandò, impertinente.
-Vorrei… senti, vuoi venire o no?
Accettò. Inutile dire che avrei preferito che non accettasse. Non volevo tradire mio marito, ma quell’occasione non potevo proprio perderla.
Quando entrando in casa, notai che Arturo non arrivava nemmeno al campanello di casa. Mi abbassai alla sua altezza e lo baciai.
La sua lingua era molto fresca e aveva ancora il sapore del caffè.
-Posso prendertelo in bocca?
-Puoi fare quello che vuoi, la tua bellezza ti consente tutto. Sono solo il tuo schiavo del sesso!
Gli strappai via la cintura, abbassai sui pantaloni, via le mutande e finalmente mi trovai davanti al suo cazzo. Era gigantesco, semplicemente gigantesco.
Iniziai a leccarglielo dalla punta alla base e dalla base alla punta, inumidendolo tutto. Ero proprio una gran puttana.
Gli diventò spaventosamente duro ed io non sapevo proprio cosa farmene di un cazzo come quello. Gli feci un lungo pompino, ma questo non sarebbe mai bastato, né a lui e né a me.
Mi tolsi i pantaloni e le mutandine. Volevo che lui entrasse dentro di me, non desideravo altro.
-Infilamelo dentro, piccolo bastardo.
-È tutto tuo troia.
Era incredibile, mi penetrò con la forza di un bisonte infuriato. Era terribilmente basso, ma anche terribilmente forte.
Sembrava quasi avere la prestanza di dieci uomini, ve lo giuro, dieci fottutissimi uomini.
La mia vagina era molto bagnata, mi sembrava di stare sotto la doccia, mentre quel cazzo spaventosamente duro continuava penetrarmi, dentro e fuori, ancora dentro e ancora fuori. Era un gioco che non avrei mai vinto, perché si poteva solamente perdere contro di lui.
-Ah ancora… ti prego.
-Ne vuoi ancora, troia? Non ne hai avuto abbastanza? Sei proprio una puttana!- disse, trasformandosi in un cavernicolo.
Ero riuscita a trovare la bestia dietro l’uomo, anzi, avevo trovato il gigante che si nascondeva all’interno di un nano.
-Spruzzami in faccia. Voglio che mi spruzzi la faccia con il tuo sperma.
-Se il mio sperma in faccia è quello che vuoi, lo avrai tutto, lurida puttana.
Lurida puttana, sì, ero proprio una lurida puttana. Aveva ragione come sempre.
Estrasse da me quel suo lungo cazzo ed iniziò a masturbarsi davanti alla mia faccia. Era così erotico. Mio marito non mi aveva mai fatta sentire in quella maniera.
Mi sborrò in faccia, umiliandomi come la puttana che ero. Lui era il mio re ed io solamente una Troia a cui sborrare in faccia.
Mi abbandonò, senza nemmeno farmi venire. Per lui non era importante. Usava la gentilezza solamente per portarsi a letto le ragazze, per poi lasciarle, ansimanti di piacere.
Fu bellissimo farsi sbattere da lui.

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